Rilievo e indagini storiche: conclusioni

a cura di Lia Barelli

   
 

Nei mesi di ottobre e novembre sono state condotte nuove ricerche per approfondire la conoscenza delle caratteristiche del chiostro. La ricerca bibliografica, archivistica e iconografica ha fornito una serie di informazioni preziose; in particolare sono state individuate numerose fotografie degli inizi del secolo che messe in relazione con i documenti relativi ai restauri di Antonio Muñoz del 1913-16, conservati negli archivi statali, hanno permesso di ricostruirne l'entità e la successione delle fasi operative.

Fondamentale per la comprensione della storia del chiostro è stata la redazione di un rilievo completo, che comprende non solo il chiostro propriamente detto, ma anche le strutture ad esso immediatamente adiacenti. Dai dati forniti dal rilievo, infatti, e dall'analisi delle strutture murarie oggi visibili, è risultato che i corpi di fabbrica che circondano il chiostro furono realizzati in tempi diversi e in parte riutilizzano strutture romane e carolinge.

Probabilmente un primo spazio claustrale, di pianta all'incirca quadrata, fu realizzato quando ancora era esistente la navata laterale sinistra della basilica carolingia. Successivamente, forse proprio in occasione della costruzione del chiostro attuale, la navata fu demolita. Il chiostro fu allora esteso ad un'area di pianta trapezoidale, la cui irregolarità era dovuta al fatto che gli edifici sul perimetro erano in gran parte esistenti. I costruttori medievali adottarono però speciali accortezze nella realizzazione dell'impianto: i lati colonnati che affacciano verso il giardino centrale formano in pianta un rettangolo quasi perfetto, dando così all'osservatore che si ponga nel centro, l'illusione di uno spazio regolare.

Sembra che degli intonaci originari che rivestivano le parti murarie del chiostro non sia sopravvissuto quasi nulla, a parte le tracce che furono messe in evidenza da Antonio Muñoz, e che riguardano la decorazione a fresco di due sottarchi. L'attuale decorazione degli altri sottarchi, come la maggior parte degli intonaci, risalgono infatti all'intervento da lui operato. E' probabile che anche le parti marmoree, colonnine e pilastri, fossero originariamente colorate, ma sono necessarie ulteriori indagini per confermare tale ipotesi.

Nel corso del rilievo sono state individuate le parti che hanno subito nel tempo trasformazioni significative. Le principali modifiche riguardarono le arcatelle e le colonnine binate che le sorreggono. Probabilmente alla fine del XVI secolo furono create delle arcate più ampie, al posto di quelle medievali. Per creare un ritmo regolare si realizzarono le nuove arcate sostenendole con pilastri ottenuti tamponando un'arcatella compresa tra le due coppie di colonnine e togliendo la coppia rimasta tra i nuovi sostegni. In asse con i nuovi pilastri così ottenuti furono realizzati i pilastri dei loggiati superiori. Forse nella stessa occasione furono realizzate anche le volte a botte che coprono i corridori. In questa forma il chiostro giunse agli inizi del XX secolo, come testimoniano le fotografie rinvenute negli archivi. Sembra che tutte le superfici esterne fossero state reintonacate grossolanamente alterando gli originari profili degli archi e tinte di rosa, comprese le colonnine.

Il sovrintendente Antonio Muñoz cominciò ad interessarsi del chiostro sin dal 1906, quando esso era ancora sotto il vincolo della clausura. Avendo capito la sua importanza storica ed artistica, riuscì a farlo aprire al pubblico e nel 1913 iniziò un difficile restauro per ridare almeno al piano terra l'aspetto originario, mentre non intervenne nelle parti tardorinascimentali. Dal rilievo sono emersi gli elementi che furono sostituiti o rifatti. Molte colonnine con le relative basi e i capitelli furono realizzate ex novo in stile. Il degrado in cui versa il chiostro ha uniformato elementi originari e di restauro e questi ultimi sono oggi distinguibili spesso solo grazie ad un'analisi approfondita. Le arcatelle distrutte per l'apertura delle arcate più tarde furono ripristinate e i profili delle ghiere furono tutti ricostituiti con nuovo intonaco. Anche le pareti interne risultano in massima parte ricoperte di intonaco a base cementizia, sicuramente ascrivibile a questa fase del lavoro. Molti dei mosaici cosmateschi della cornice che sovrasta le arcatelle furono integrati con nuovi elementi.

Su tutte le superfici Muñoz fece dare infine una nuova coloritura che è quella attuale. Sulle pareti collocò numerosi reperti da lui stesso rinvenuti, alcuni murati con intonaco cementizio, altri fissati con grappe metalliche. I reperti oggi presenti furono posti nel chiostro quasi tutti durante il suo intervento, tranne pochi che si è cercato di individuare tramite il confronto con fotografie d'epoca e con l'indagine d'archivio, nonché con l'analisi del sistema di fissaggio.

Interventi degli anni '70 del nostro secolo hanno riguardato il rifacimento degli intonaci del loggiato e il restauro delle strutture lignee delle coperture, e la nuova sistemazione del giardino centrale, con una pavimentazione di blocchetti di porfido che circondano aiuole triangolari.

Da queste indagini sono emerse anche le indicazioni relative a saggi da effettuare per completare il quadro ricostruttivo, che verranno eseguiti nei prossimi mesi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Fig. 1 - Ipotesi ricostruttiva dell'originario spazio claustrale: in arancio le strutture della basilica carolingia.

 

Fig. 2 - Allineamenti dei muri dello spazio claustrale: a tratto e punto i muri precedenti alla costruzione del chiostro; a tratteggio rosso il rettangolo formato dai muri esterni dei corridori.

 

Fig. 3 - Il chiostro nel 1913 (da A. MUÑOZ, Il restauro della chiesa e del chiostro dei Ss. Quattro Coronati, Roma, 1914).

 

Fig. 4 - Pianta ricostruttiva del chiostro nel 1913 prima dei restauri di Antonio Muñoz: in nero gli elementi medievali, in rosso i pilastri rinascimentali, a tratteggio rosso le tamponature successive.

 

Fig. 5 - Particolare dei sottarchi dipinti.