Linee guida al progetto

di Giovanni Carbonara

 
 

L'intervento di restauro progettato per il chiostro dei Ss. Quattro Coronati si propone non come una semplice operazione tecnica, ma come la conclusione logica di un processo critico che ha alla base la valutazione della consistenza storica, iconografica, simbolica e anche spirituale dell'opera così come è giunta fino a noi, e di conseguenza il suo riconoscimento come 'bene culturale', patrimonio dell'umanità.

Lo studio della consistenza materiale e figurativa del chiostro è stato condotto con metodo rigoroso e puntuale mediante ricerche e analisi attente ad ogni aspetto, in primo luogo un rilievo critico dei suoi elementi costitutivi, nonché saggi e indagini idonei alla soluzione dei singoli problemi. Tali dati sono stati messi in relazione con quelli forniti dalle fonti d'archivio e bibliografiche.

Speciale attenzione è stata rivolta al coordinamento degli apporti delle varie discipline che sono state coinvolte nell'elaborazione del progetto (filologia, critica storica, fisica, chimica, diagnostica, ecc.).

Il fine delle ricerche condotte non è stato solo la conoscenza in se stessa, comunque significativa, ma anche quello di dare un indirizzo all'attività conservativa e di restauro, soprattutto in merito alle importanti questioni di reintegrazione delle lacune e di rimozione delle aggiunte.

Fondamentale in tal senso è stato il riconoscimento del significato dell'immagine attuale, nella sua interezza e nei suoi singoli componenti, allo scopo di determinare quanto dovesse essere considerato a tutti gli effetti una lacuna, risultato d'incuria o di negative manomissioni, o quanto fosse un segno del trascorrere del tempo autentico e caratterizzante; quanto si presentasse come una presenza incongrua o un elemento ormai non solo storicamente, ma anche figurativamente appartenente ad un'immagine consolidata.

Dalla valutazione critica dell'esistente è emerso che l'immagine attuale del chiostro è nella massima parte il prodotto degli interventi di restauro condotti negli anni tra il 1913 e il 1916 da Antonio Muñoz, geniale restauratore che operò su alcuni dei principali monumenti della città di Roma. Al suo intervento è stato riconosciuto un consistente valore documentale quale testimonianza di esemplari criteri operativi, diffusi nella prima metà del novecento, che con il progetto si prevede di conservare e valorizzare.

In tal senso la fase esecutiva del progetto si vuole proporre come un intervento "del 2000", che si rivolge con un'ottica di rispetto e valorizzazione alle testimonianze dell'ultimo secolo passato.

Nel contesto del progetto gli interventi conservativi sulle superfici assumono il peso maggiore. Per quanto riguarda i materiali lapidei saranno puliti con tecniche le quali, pur rimuovendo la tenace coltre di sporco, le concrezioni e le alterazioni superficiali capaci di offendere la godibilità del monumento e d'indurre ulteriore degrado (come le cosiddette croste nere), non intaccheranno, invece, la 'patina' assunta col tempo dalla pietra. Ciò vale tanto per le specifiche 'patine ad ossalati', quanto per quei fenomeni naturali di ossidazione della pietra che le conferiscono particolari vibrazioni cromatiche e buona resistenza superficiale.

Si tratterà, in sostanza, di operare una pulitura calibrata e mai troppo spinta, nell'intento di evitare eccessi che potrebbero riportare inopportunamente 'a nuovo' materiali vecchi di secoli o rimuovere la finitura superficiale originale cancellando eventuali tracce di lavorazione e per di più rendendoli maggiormente sensibili all'aggressione indotta dalle moderne condizioni atmosferiche.

Principi analoghi guideranno anche i lavori di pulitura e reintegrazione delle superfici intonacate e dipinte, e di quelle pavimentali, avendo cura della buona resa tecnica (durabilità, capacità di autodifesa nel tempo ecc.) ed estetica (adeguamento cromatico all'intorno immediato ed al contesto architettonico, eliminazione d'effetti di macchiatura o discontinuità ecc.).

Il principio del "minimo intervento", già definito nella teoria e nella pratica di restauro sin dalla metà del XVIII secolo, guiderà il procedimento e porterà spontaneamente a una modesta e ben controllata introduzione di materiali moderni per le sole operazioni di consolidamento e protezione superficiale. Particolare attenzione è stata rivolta a trovare soluzioni adeguate al rispetto dei principi di reversibilità e distinguibilità degli interventi realizzati, mirando comunque ad un risultato che garantisca un'immagine unitaria.

Tutti i criteri di metodo fin qui illustrati rispondono alle indicazioni della Carta del Restauro del 1972, emanata dal Ministero della Pubblica Istruzione italiano, allora competente in materia di tutela (dal 1976 tali competenze sono passate al Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, di nuova fondazione). Si tratta di un documento ufficiale che volutamente, per la sua natura eminentemente culturale e 'filosofica', si è voluto lasciare sotto forma di raccomandazione alle Soprintendenze ed agli operatori e non tradurre in legge, ma che rappresenta l'orientamento dello Stato in materia.

Il progetto spera di diventare un modello di metodo per l'approccio alle questioni legate alla conservazione dell'opera architettonica ed al suo mantenimento in vita grazie alla perpetuazione delle sue funzioni nel tempo. In questo specifico caso la permanenza, in una sede già in origine monastica, di un ordine religioso offre quella pienezza e coerenza di vita che, insieme alla garanzia di un costante e vigile controllo, quindi ad una costante e sollecita manutenzione, sarà in grado d'assicurare al monumento le migliori e più concrete possibilità di lunga durata nel tempo.

 

 

 

 

© 1999 Coordinamento Monica Morbidelli
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Fig. 1 - Veduta del chiostro dei Ss. Quattro Coronati; sul fondo il transetto della basilica.

 

Fig. 2 - Veduta del corridore nord del chiostro con i reperti archeologici sulle pareti.